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Cammino della

ROMEA STRATA

Il territorio pistoiese brulica di cammini di fede, dalla via Francigena al più recente Cammino di San Bartolomeo, passando per un altro di eguale importanza: la Romea Strata. Questo cammino, come suggerisce il nome, indica i vari fasci stradali che conducevano a Roma, vie altamente trafficate nel corso dei secoli.  Il percorso che attraversava il pistoiese è anche noto come Via Romea-Nonantolana, giacché si innestava sull’antica abbazia benedettina di Nonantola, toccando importanti centri devozionali, tra cui proprio Pistoia con la sua preziosa reliquia jacobea.

La strada, che dal valico appenninico giungeva a Pistoia, ha subito delle modifiche nel corso dei secoli, soprattutto in base all’importanza crescente o decrescente di alcune realtà, come ad esempio il caso di Lizzano, rilevante centro della via Romea-Nonantolana con la sua pieve ed il suo ospedale, che ha lasciato il posto al paese di Cutigliato, divenuto dimora del Capitano della Montagna.

PUNTI DI INTERESSE

Da Cutigliano/Lizzano verso Pistoia

La chiesa di Cutigliano è attestata a partire dal XIV secolo, all’epoca era ancora dipendente dalla pieve di Santa Maria di Lizzano, per diventare infine autonoma nel 1419. Nel 1537, durante le lotte che seguirono la morte del duca Alessandro de’ Medici, la chiesa, dove si erano rifugiati alcuni partigiani dei Cancellieri, fu data alle fiamme dai Panciatichi.

L’edificio restò inagibile per altri dieci anni, per poi venir ricostruito a partire dalla metà del XVII secolo, pertanto l’aspetto odierno della chiesa è frutto della riedificazione, che lo rese a tre navate e con un’abside poligonale.

San Bartolomeo custodisce pitture di pregio, tra cui un’opera di Sebastiano Vini, pittore veronese attivo a Pistoia, raffigurante un Miracolo di San Bartolomeo (1560).

La pieve di Lizzano è sulla carta la più antica della Montagna Pistoiese, attestata già nel 998, era sorta nei pressi del valico appenninico che collegava Pistoia a Modena. L’antico edificio altomedievale venne tuttavia abbattuto alla fine del Settecento  e sostituito da una chiesa a tre navate su progetto dell’architetto Gamberai. Nemmeno quest’ultimo resistette, nel 1814 infatti il paese, con la sua nuova pieve, venne distrutto da un’enorme frana. La pieve che possiamo ammirare oggigiorno è quella Ottocentesca, anche se cerca di imitare le forme e le linee dello stile romanico.

Santa Maria Assunta custodisce manufatti artistici di grande pregio, salvati dalla catastrofe del 1814: due terrecotte di scuola robbiana, di cui un dossale con Vergine e Santi ed una Madonna col Bambino a tutto tondo; una pittura di Filippo Tarchiani raffigurante l’Assunzione della Vergine; ed infine un Crocifisso ligneo attribuito a Baccio da Montelupo.

L’attuale pieve di Popiglio venne consacrata nel 1271, tuttavia le fonti d’archivio parlano di ben due pievi presenti nel piccolo borgo a partire dal secolo XI: la prima sempre intitolata alla Vergine in località Matriceto, tra il paese e le sue famose Torri, ormai perduta; la seconda invece collocata a Cafaggiolo, al di fuori del paese, era dedicata a San Giovanni, di questa si può ancora ammirare l’abside e parte della muratura. 

La nuova pieve è la più grande sulla Montagna Pistoiese, indice del suo essere custode di un antico percorso viario, tra Lucca, Modena e Pistoia. All’esterno si evince il suo antico carattere romanico, stile assente invece all’interno, qua vi furono una serie di interventi, di abbellimenti, intrapresi dalla seconda metà del Cinquecento fino all’Ottocento. Le opere più belle vi sono giunte grazie agli interventi di ammodernamento promossi del pievano Girolamo Magni, ma anche dai doni della famiglia Vannini, popigliesi che avevano fatto fortuna a Roma. Non stupisce allora di trovare un patrimonio estremamente ricco nella chiesa: quattro dipinti di Sebastiano Vini, di cui uno realizzato assieme al figlio Jacopo, la Crocifissione di Giacinto Gimignani, un gruppo marmoreo dello scultore Francesco Pincellotti e l’organo storico Testa-Agati. Altri manufatti preziosi della pieve sono custoditi presso il Museo Diocesano di Popiglio, disposto nella sagrestia della chiesa e nell’Oratorio della Compagnia del SS. Sacramento.

All’interno dell’antico borgo medievale di Piteglio si staglia la pieve di Santa Maria Assunta, questa, datata tra il XIII e il XIV secolo, nacque come cappella comitale dei conti Guidi, trasformata in pieve solo a seguito dell’abbandono di quella rurale, la cosiddetta Pieve Vecchia. La conversione ha fatto sì che si scegliesse come campanile la vecchia torre di avvistamento castellana opportunamente adeguata, che si collocava in prossimità della cappella. Si segnalano poi tra il Seicento e l’Ottocento una serie di rifacimenti, come suggerisce l’interno coperto da volte a botte e a crociera.

La struttura custodisce al suo interno una reliquia di grande rilievo, attestata dal Trecento, il Latte della Madonna, un oggetto di grande devozione e rituali, che ha reso Piteglio meta anche di pellegrinaggi. La pieve ospita anche due interessanti pitture su tela: una Madonna col Bambino e Santi, in cui il Bambino ostenta l’ampolla contenente il sacro latte, tela posta in origine a coprire la sacra reliquia; e l’Incoronazione della Vergine attribuita a Francesco Curradi.

La pieve rurale di Piteglio è il più antico edificio di culto presente sulla Montagna Pistoiese, datata al secolo XI, giacché la più antica chiesa di Lizzano venne distrutta. L’edificio è comunemente noto con il nome di “Pieve Vecchia”, poiché abbandonata tra il XIII e il XIV secolo a favore della pieve castellana, nasce dunque come pieve di Santa Maria e recante oggi il titolo di SS. Annunziata.

La Pieve Vecchia si presenta sostanzialmente con le sue originarie forme romaniche, sia all’interno che all’esterno, desta curiosità il pulpito esterno che caratterizza la facciata, questo venne eretto affinché il sacerdote potesse benedire la Valle della Lima durante le rogazioni, l’atto avveniva con la reliquia del Latte della Madonna, custodita ancora oggi nella pieve castellana di Piteglio.

Nel borgo di San Marcello si colloca l’omonima propositura datata al secolo XI, all’epoca tuttavia aveva la denominazione di pieve. L’edifico medievale venne ampliato nel XVII secolo e infine consacrato nel 1617, ciò nonostante la facciata denota ancora il suo originario aspetto romanico.

All’interno della chiesa è custodito il corpo santo di Santa Celestina, arrivato a San Marcello nel 1731, da allora la martire romana è divenuta patrona non solo del paese, assieme a San Marcello, ma anche della Montagna Pistoiese.

Santa Celestina viene celebrata ogni anno l’8 settembre tra riti religiosi e popolari, il più noto è il lancio della mongolfiera, che dovrà superare il campanile della propositura, prevedendo in tal caso un anno fortunato per la Montagna.

La pieve di Gavinana viene menzionata per la prima volta nella bolla papale di Innocenzo II nel 1133, tuttavia si suppone che la sua fondazione risalga già alla fine del XI secolo. Nei secoli la struttura ha subito modifiche ed abbellimenti, l’assetto esterno è sostanzialmente quello romanico, come si può ammirare nell’abside e nelle facciate laterali, alla facciata invece è stato addossato un porticato per contenere l’organo acquistato da Domenico Achilli nel 1824, uno strumento di grande pregio di Agati e Tronci.

All’interno non vi è più traccia della sua origine medievale, completamente rifatto nel Seicento. La pieve ospita, oltre al già citato organo, una serie di pitture, due splendidi dossali in terracotta invetriata di Santi Buglioni ed un’Annunciazione lignea, quest’ultima uscita dalla bottega del Verrocchio, celebre maestro di Leonardo. 

La pieve di Saturnana è tra le più antiche del territorio pistoiese, attestata già dalla fine del X secolo, ed aveva sotto di sé quattro chiese dipendenti: San Felice, Batoni, San Mommè e Piteccio. L’edificio come lo vediamo oggi risale ai secoli XVIII-XIX, per il quale vennero probabilmente riutilizzate le strutture antiche, come si può notare nei conci di arenaria alla base della torre campanaria.

L’interno si caratterizza da tre navate coperte da volte a botte, in cui originariamente si trovava la Sacra Conversazione di Bernardino del Signoraccio, oggi al Museo Diocesano di Pistoia. 

Il piccolo paese di Piazza accoglie una chiesa citata nelle fonti d’archivio già nel 940, però come Sant’Angelo, porterà il nome di San Michele nel XIII secolo, nonché citata come dipendente dalla pieve del Brandeglio (ora Cireglio). La chiesa altomedievale venne ampliata alla fine del Settecento, per essere tuttavia demolita nel 1846, il nuovo edificio subì un’inversione di orientamento e venne consacrato nel 1848.

L’aspetto ottocentesco è assai sobrio all’esterno, mentre l’interno si caratterizza per una navata unica sormontata da volte a botte e una a crociera.

Nella località di Gello, sorta nei pressi dell’Ombrone, si trovavano in origine due chiese: San Pietro Romeo, documentata dal 1166, realizzata per accogliere i viandanti; e Santa Maria, che aveva invece la funzione di cura d’anime. La chiesa dello spedale di San Pietro risulta distrutta nel 1372, mentre la chiesa mariana è regolarmente registrata nelle visite pastorali.

La chiesa romanica di Santa Maria fu radicalmente trasformata nel XVIII secolo, invertendo anche il suo orientamento, di questa resta solo parte della facciata, come risulta dai restauri avvenuti nel 1972.